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Compatibilità tra liquidazione e concordato in continuità indiretta
a cura del Dott. Agostino Palmiero
Partendo dal presupposto della formale incompatibilità tra la liquidazione della società e la continuità dell’attività d’impresa della stessa, in virtù del divieto posto ai liquidatori di iniziare nuove attività di gestione, in campo giurisprudenziale si è sempre ritenuto inammissibile una proposta di concordato preventivo in continuità qualora la società si trovi in liquidazione, inammissibilità estesa anche al caso di continuità indiretta tramite un contratto di affitto d’azienda.
Il decreto del 4 Luglio 2024 del Tribunale di Spoleto è andato in direzione opposta, sostenendo, tramite l’apertura di una procedura di concordato, la compatibilità tra lo stato di liquidazione ed il concordato in continuità indiretta, nel caso in cui quest’ultima consenta un potenziale maggior soddisfacimento dei creditori. Il Tribunale ha richiamato in particolare gli articoli 2487 e 2489 del Codice civile, i quali prevedono, da un lato, che gli amministratori hanno il potere di convocare, accertata una causa di scioglimento, l’assemblea dei soci, perché deliberi i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione, incluso l’esercizio provvisorio dell’attività d’impresa in funzione del migliore realizzo dell’attivo societario; e dall’altro, che i liquidatori possono compiere ogni atto utile alla liquidazione, nei limiti stabiliti dall’assemblea. Tali disposizioni di diritto comune sono state messe in correlazione con quanto previsto dal Codice della crisi relativamente al concordato in continuità, in particolare l’articolo 84, il quale prevede che all’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza sia consentito presentare domanda di concordato, a patto che i creditori traggano dalla procedura un soddisfacimento non inferiore a quello realizzabile dalla liquidazione giudiziale, e che la continuità tuteli l’interesse dei creditori, anche se il soddisfacimento non sia garantito in misura prevalente dai ricavi della continuità.
Secondo il tribunale, dunque, lo stato di liquidazione non preclude la possibilità di presentare una proposta di concordato in continuità indiretta, nè impone la previa revoca dello stato di liquidazione per l’ammissibilità della domanda.
L’articolo 89 del Codice della crisi e dell’insolvenza stabilisce che la sospensione dell’obbligo di ricapitalizzazione ha effetto dalla data del deposito della domanda e fino all’omologazione. Secondo lo stesso Tribunale, in caso di concordato in continuità indiretta, viene meno tale necessità disposta dall’articolo 89 del Codice della crisi e dell’insolvenza, facendo slittare la scadenza della sospensiva dal momento dell’omologazione, come disposto dall’art. 89, al termine dell’esecuzione del concordato, in quanto la continuazione dell’attività è affidata ad un soggetto terzo che non si trova nelle condizioni di aver necessità di ricostruire il capitale, trovandosi in una sostanziale condizione di equilibrio; e, dovendo intraprendere un’attività meramente liquidatoria, la massa debitoria sarà soddisfatta in via principale tramite l’attivo ricavato dalla gestione liquidatoria.